Corifede si reca a Disagio, accompagnato dalla famiglia Sentimenti. Disagio è una città nota per il suo puzzo, emana ogni genere di olezzo conosciuto, e si dice anche quelli che l’uomo deve ancora annusare; e Corifede - suo malgrado - la visita spesso in compagnia della famiglia Sentimenti, senza volerlo. La sua meta preferita è Armonia.
L’auto è guidata da un isterico signore che non sa parlare, sa soltanto urlare e credo lo faccia per assicurarsi che venga sentito e che la sua voce resti ben impressa nei timpani. Costui risponde al nome di Senso D’Inadeguatezza. È un omone alto circa 2 metri, largo come un armadio a quattro ante e quando cammina, i fili d’erba si curvano sperando di non essere calpestati.
La sua stazza e la sua possenza, intimoriscono da sempre Corifede che non sempre riesce a rispondergli a tono. Generalmente va così. Senso D’Inadeguatezza si piazza col petto villoso all’infuori, il muso duro, e fa una carezza provocatoria su una guancia a Corifede. Se lui si limita a scostarsi, ha perso. Se non gli blocca la mano, ha perso. Se non dice nulla, ha perso. Se parla, comincia a balbettare e ha perso. Mollargli un calcio in mezzo alle palle è improponibile, perchè nel momento in cui Senso D’Inadeguatezza ti sfiora con la mano, nelle mutande ti si è già schiantato un razzo di merda e le gambe diventano ciocchi di legno.
L’unica è andargli incontro tutto impettito ancor prima che lui ti si piazzi davanti tutto spavaldo. E fargli subito capire, che non è giornata, che può urlare quanto vuole, e che qualsiasi cosa dirà, sarà nulla come un bacio dato con gli occhi rivolti altrove.
Allora quelle volte che ci riesce, l’idea tediosa della consueta visita a Disagio, si volatilizza. E Sollievo - accertandosi con la coda dell’occhio che Senso D’Inadeguatezza non li veda - da una pacca sulle spalle a Corifede.
Quasi sempre - quando si va a Disagio - accanto al gigantesco Senso D’Inadeguatezza è seduta una figura ambigua e indefinita, credo si chiami Insicurezza, l’ho sempre vista strisciare alle spalle di qualcuno e sussurrare parole, senza mai riuscire a udire chiaramente cosa dicesse, ma solo a percepire in qualche modo - con non so quale senso - qualcosa.
Ogni tanto, seduta dietro, accanto a Corifede, c’è Gelosia. Una di quelle bambine petulanti che per quanto tenti di ignorare, attirerà comunque la tua attenzione. Quando piange e strilla, Corifede non sa assolutamente come trattarla. E quando comincia, è cosa impossibile farla smettere. Puoi coccolarla con bacini e carezze, non puoi sculacciarla o darle un ceffone, puoi provare a parlarle dolcemente, ma lei continuerà a singhiozzare. E anche il solo parlare riesce difficile, il solo formulare pensieri che si avvicinino al raziocinio è impossibile. Qualsiasi concetto filtrato attraverso le labbra sarà falsato o totalmente senza senso.
L’unica è aspettare che smetta da sola. Ma è proprio quest’attesa la cosa peggiore, la sua lagna fa impazzire, destabilizza tutto, la sua litania è talmente straziante, che si vorrebbe aprirsi la calotta cranica e far scivolare fuori le cervella per afferrarle e spappolarle con le mani; e spegnere tutto.
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